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giovedì 27 luglio 2017

650 - LE MIGLIORI DIECI CANZONI ITALIANE

Stavo pensando a quali possono essere la canzone italiana più bella e quella più brutta di sempre.
Tra quelle più belle penso a:
Le radici e le ali - Gang
Miracoli - Bisca
Non sopporto il capodanno - Skiantos
Che cosa sei - Alberto Radius
Sole spento - Timoria
Lo stregone (voglia di sapere) - Fossati/Prudente
Anima latina - Lucio Battisti
Benvenuti tra i rifiuti - Faust'O
Lavorare con lentezza - Enzo Del Re
Però m'accorgo che sono già 9, potrei dire le 10 migliori, ma ne resta ancora solo una, me ne vengono in mente tante e non ho inserito neanche una canzone di gente essenziale, come gli Area o i Massimo Volume, nella scelta mi sono fatto trasportare più dai sentimenti che dalla ragione.
Infatti come decima canzone penso a Primavera di Cocciante, la canticchiava spesso "...  e solcherò il tuo corpo come se fosse terra, cancellerò quei segni dell'ultima tua guerra...", quasi sussurrandola, una ragazza che in quel periodo era in banco con me alle superiori, era mora con i capelli tagliati a caschetto, bella, sembrava anche da come si vestiva una indiana nativa americana, ricordo in particolare quando indossava un vestito meraviglioso, bianco candido con dei disegni multicolori davanti e delle catenine di perline che pendevano sul seno. Si lavava una volta alla settimana, al sabato pomeriggio, così dal giovedì aveva i capelli unticci che non lasciava più sciolti ma li raccoglieva a coda di cavallo e iniziava la sua pelle a odorare da anatra, ma a me piaceva molto quell'odore sempre più presente negli ultimi giorni della settimana, soprattutto il sabato mattina, il miglior profumo che avessi mai sentito. Aveva anche molta forza, nonostante fosse magra e bassa, circa 160 centimetri, batteva quasi tutti i maschi a braccio di ferro, pure io dovevo sforzare molto per batterla. Mi affascinano le donne forti fisicamente, magari è la mia parte omosessuale che si sfoga in questa maniera o più probabilmente, come mi ha detto uno, è perché ho una mente con un imprinting da agricoltore perciò mi attira la donna forte, in quanto il mio subconscio immagina sia una valida compagna di vita che mi può aiutare nei lavori pesanti in campagna. Penso sia vera la sua ipotesi, se ne intendeva, studiava psicologia all'università quello che me lo ha detto, non passava mai gli esami ed è finito a fare l'imbianchino, così alla sera veniva in birreria a ubriacarsi e da ubriaco psicanalizzava tutti; tuttavia credo che, almeno nel mio caso, abbia indovinato.
Anni dopo sono andato a pescare in un canale e, mentre stavo riavvolgendo la lenza con il mulinello, un'anatra che era nelle vicinanze, vedendola passare velocemente sulla superficie dell'acqua, mi ha mangiato l'esca, rimanendo impigliata nell'amo; l'ho tirata a riva e non senza difficoltà sono riuscito a toglierle l'amo, mi sono ricordato in quel momento della ragazza mora che mi sussurrava Primavera di Cocciante così ho annusato l'anatra, ma non era lo stesso odore, sapeva più da anatra selvatica l'amica mora al sabato mattina che un'anatra autentica. Mentre lasciavo andare libera l'anatra riflettevo sulla potenza dei ricordi legati agli odori, stravolgono persino la percezione della realtà, così come mi piaceva più l'odore della mia amica che quello dell'anatra, mi piaceva anche più Primavera nella sua versione di quella originale di Cocciante, che è comunque un'ottima canzone e lui è un buon musicista.
Ah, per la canzone più brutta ho l'imbarazzo della scelta, in un Sanremo a caso sono quasi tutte papabili per me, mi ricordano l'eccellente descrizione che ne faceva Finardi in Musica ribelle, "...le strofe languide di tutti quei cantanti con le facce da bambini e con i loro cuori infranti...".
Questi sono i miei gusti, magari sono scelte un po' da sniffatore di anatre, basate più sulle emozioni che mi trasmettono certe canzoni, però anche analizzandole razionalmente confermo tutto.


domenica 23 luglio 2017

649 - PENSIERI SPARSI


Le valigie
ho sempre la sensazione che pesino troppo.
Forse perché contengono
quello che inconsciamente vorrei lasciare,
invece consciamente lo ritengo necessario.
Ma permane la sensazione che abbia ragione l'inconscio.

Il mio rumore preferito è quello dei vetri infranti.
Da bambino li spaccavo appositamente.
Perciò mi piacciono le persone che sono un sasso
tirato contro la normalità di questo sistema.

Non mi ha mai salvato la vita un dio
o un qualche amico
o l'amore
o l'arte
o la politica.
Quello che mi ha sempre salvato nei peggiori momenti
è stato:
stocazzo.

Mi sento come Jimmy Cooper,
il protagonista di Quadrophenia,
nella scena finale.
Vorrei gettare dalla scogliera
tutti i sogni infranti e svaniti
della mia vita,
guardando la scena
del loro schianto.


domenica 16 luglio 2017

648 - MUTANDO MUTANDE

Sto morendo.

Sto vivendo.

Devo comprarmi delle mutande nuove,
per risparmiare comprerò quelle da due soldi,
di quelle che ti infiammano la cappella.

Vivrò e morirò
con la cappella infiammata
e tre soldi in più nelle tasche.

Comunque questa non è poesia
poiché ho scritto: cappella
( e ben tre volte adesso).

I veri poeti
non usano mutande da due soldi,
non hanno genitali infiammati,
non muoiono mai,
non vivono mai.


martedì 11 luglio 2017

647 - UNA PERSONA DI SUCCESSO

Rincorrendo il successo
perdi
quello che sei
vinci
ma senti che non sei più quello di prima
c'è qualcosa che non va
ti guardi meglio
accorgendoti
con orrore
che sei diventato una merda umana,
ma una merda umana di successo
perciò molto apprezzata
e lodata,
allora prendi coraggio
e cerchi di essere
più merda possibile.


venerdì 7 luglio 2017

646 - LA POESIA DEI VUOTI PERSI

Cerco di descrivere la poesia
dei viali deserti
dei vicoli abbandonati
dei cazzi inutilizzati
delle fighe dimenticate
dei culi sfondati
delle vite perse
dei vuoti mai resi
diventati cocci sui piazzali
che brillano di riflessi notturni
tra fazzoletti di carta pieni di sperma secco
e cani randagi che rovistano nelle immondizie
con i lampioni che ballano cigolando
spinti dal vento
danza la luce disperata che fanno
su ogni animale senza padrone
su ogni profilattico sborrato
e su tutti quei pezzi di realtà
che mi porto dentro
dimenticati da tutti
raccontati da me
schifati dai poeti premiati
evitati dai lettori televisivizzati.

Qualche giorno fa
sono entrato in una stazione ferroviaria dismessa
con l'erba che cresceva sulla banchina
davanti alle panchine arrugginite
mi aggiravo solo tra i vecchi tabelloni spenti
con un senso di pace
uscendo
c'era una prostituta africana
seduta sul muretto esterno di recinzione
aveva una faccia simpatica
avrei voluto baciarla
prenderla per mano
e andare via con lei
in un'altra dimensione
raccontandole che stavo bene
perché avevo appena azzerato
le mie fondamenta/scorie
ammirando la fine
delle nostre sovrastrutture,
ma ho proseguito
verso un nuovo pensiero
di persone, oggetti, attimi
smarriti
smarrendomi, nuovamente.



mercoledì 5 luglio 2017

645 - L'UOMO CHE SPALAVA LETAME

L'atto più di sinistra che abbia mai fatto è stato in un giorno d'agosto.
C'era un caldo torrido, di quelli che sudi anche stando all'ombra, era quasi mezzogiorno e il caldo era al massimo dell'insopportabile. Sono andato in un deposito di auto da rottamare per cercare dei pezzi di ricambio, ma faticavo a camminare con quel clima afoso tra le auto sparse nel recinto interno, mi sono messo all'ombra sotto una tettoia. Però si sentiva una puzza tremenda, dall'altra parte della rete di recinzione c'era una stalla e il letamaio stava a pochi metri dalla tettoia dove ero riparato, e ho notato dentro la vasca di cemento col letame un uomo che lo spalava, un operaio agricolo.
Mi ha fatto una pena immensa vederlo costretto a fare quel lavoro, a quell'ora e con quel caldo, era un cinquantenne di bell'aspetto, magari se la vita gli fosse girata meglio poteva fare l'attore e adesso sarebbe in qualche hotel con l'aria condizionata a firmare autografi ai fan e rilasciare interviste, in cui si lamenta di quanto è duro il lavoro dell'attore.
Invece la vita lo ha buttato in quell'inferno, in una vasca di cemento piena di merda da spalare in un clima infuocato.
Altre persone passavano di lì e lo guardavano male, come fosse pure lui un pezzo di sterco bovino, come fanno di solito i mentecatti mentali quando vedono qualcuno stare peggio di loro, si sentono qualcuno, si sentono importanti, si sentono persone di una casta superiore perciò, allora lo trattano col massimo disprezzo, per sentirsi migliori.
Mi sono avviato verso l'uscita passandogli davanti, ho notato che lui stava guardando per salutare qualcuno, ma nessuno lo salutava.
Allora gli dissi il "Buongiorno" più forte, rispettoso, limpido, sentito e sincero che abbia mai detto in vita mia.
Lui rispose, sorrise contento e riprese a spalare con più energia.
Alcuni si erano girati e i mi guardavano strano, un salutatore degli spalamerde è un tipo sospetto per ogni mentecatto mentale che si rispetti.
Li guardai come si guarda l'ultima delle nullità e me ne andai.
Andai in cerca di uno che conoscevo e sapevo che lui conosceva il proprietario di quell'azienda agricola, così gli feci dire che se vedevo un'altra volta maltrattare così gli operai mandati a spalare letame a quell'orario sotto il sole lo denunciavo.
Da allora sono passati anni e devo dire che non ho visto più nessuno messo a spalare a quell'ora.
Credo sia questa la vera sinistra, l'essere solidali e il pensare a come risolvere i problemi di chi è nella merda, anche se non ti riguardano direttamente.

644 - UNA MADRE CORAGGIO

C'era un ragazzo che se ne stava sempre ingobbito, con gli occhiali spessi spostati verso la punta del naso, la montatura scura degli occhiali contrastava col pallore del viso cosparso di brufoli, le orecchie prominenti e il viso lungo gli davano un aspetto che lo aveva fatto diventare per tutti Giancarlo "El Canguro", soprannome che lui odiava ed evitava spesso di uscire di cada affinché qualcuno non lo chiamasse Canguro e si diffondesse quel soprannome.
Quando rimaneva in casa, essendo orfano del padre, sua madre vedova lo assillava con le sue ansie.
Un giorno si stancò di essere preso in giro dai compagni di classe e tormentato da sua madre, cercò un'altra realtà, un'altra dimensione, un altro tipo di vita, così si ribellò tenendosi per protesta i capelli lunghi. Poi un giorno per contestare ulteriormente acquistò una caccola di fumo, si fece una canna guardando MTV e vomitò la cena sul tappeto davanti al televisore.
Quando sua mamma se ne accorse telefonò immediatamente alle forze dell'ordine contattando la squadra narcotici e lo denunciò.
Vennero a perquisire la sua cameretta e sequestrarono la mezza caccola di fumo che gli era rimasta, un pacchetto di cartine, un accendino, una pistola giocattolo illegale senza il tappo rosso che aveva perso giocandoci da bambino, delle bottiglie di birra vuote che potenzialmente potevano essere usate come molotov, sei fogli con scritte frasi minacciose come: "Vi odio tutti, dovete morire pezzi dei merda!", dei libri di scrittori considerati sovversivi e il quaderno di matematica con una A cerchiata che aveva disegnato in quarta di copertina.
Venne arrestarono, chiamarono i giornalisti locali esibendo i corpi del reato che avevano trovato e ringraziando la madre coraggio per la sua denuncia, grazie alla quale era stato assicurato alla giustizia un ragazzo socialmente pericoloso, da avviare verso un percorso di recupero, per reinserirlo nella società. I giornali aprirono la cronaca locale con titoli a caratteri cubitali: ARRESTATO PER DROGA IL "CANGURO" oppure UN GIOVANE PERICOLOSO "CANGURO" INCARCERATO, DETENEVA DROGA E MATERIALE SOVVERSIVO.
A Giancarlo dispiaceva più per la diffusione pubblica del suo odiato soprannome che per l'arresto.
Ma avendo appena compiuto 18 anni venne messo in carcere con gli adulti, in attesa del processo. Finì in cella con Mario "U Porcu" Scanziano affiliato alla camorra emergente, Giuseppe "Belva" Esposito pluriomicida e Ciccio "Il Don" Catatreppoli mafioso autore di svariate rapine ed estorsioni.
La prima notte Canguro venne picchiato e poi sodomizzato ripetutamente a secco.
Il mattino dopo uscì di cella camminando come un'anatra e pensando che era stato peggio l'arresto della diffusione del soprannome; lo mandarono a casa, agli arresti domiciliari.
La madre non gli rivolse la parola.
Anche lui non rivolse più la parola a lei e neanche ad altri, stette sempre zitto, al processo venne condannato ma avendo la condizionale non si fece neanche un giorno di prigione.
Quando fu libero tornò a casa, aspettò che sua madre andasse al lavoro, andò al distributore self-service a riempire una tanica di benzina, scrisse sul muro di recinzione: "Questo è il mio regalo di addio per te, maledetta stronza." e diede fuoco alla casa
Sparì per sempre.
Una ventina d'anni dopo lo rivide un suo ex compagno di scuola durante una vacanza, aveva cambiato sesso, si era sposata con un agente delle assicurazioni e viveva in una casa vicina al mare in Australia, la terra dei canguri.
Aprendo nella sua vita porte che lo facessero uscire dal binario delle consuete abitudini aveva finalmente trovato se stesso, o se stessa, in fondo l'importante è aver trovato un'altra persona dentro di sé, nascosta da quello che usi, eventi e consuetudini impongono d'essere; l'importante è che sia differente da quel tipo schifoso, pure per sé, che c'era e sarebbe rimasto, finché non si cerca la propria essenza.