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venerdì 9 settembre 2016

575 - Da bambino volevo volare via


Abitavo in una casa rosso sangue lungo una strada statale trafficatissima, la più pericolosa d'Italia, prima nella classifica degli incidenti mortali. Migliaia di camion e auto passavano ininterrottamente e fragorosamente giorno e notte a pochi metri dalla porta e dalle finestre sul lato sud della casa.
Mentre dietro casa, sul lato nord, eri immerso in una realtà opposta, un paesaggio che iniziava con un enorme salice piangente alto otto metri che sbatteva con le lunghe fronde contro la casa sporcandola di verde e come un sipario apriva dietro di lui un altro mondo, verde campagna, multicolori fiori di campo, uccellini, animali, insetti ci vivevano gioiosi, abbracciati da un orizzonte fatto di campi di terra coltivati, inframezzati da boschi, case, stalle e sullo sfondo il grande argine del fiume.
Sul lato est c'era, duecento metri dopo casa, una zona industriale, con fabbriche micidiali e vapori tossici, una produceva vernici e ogni tanto ne scartava e le riversava nei fossi, facendoli diventare di ogni sorta di colore; un'altra produceva mangime per pesci sciogliendo col solvente carcasse di animali ed emanando una puzza pestilenziale, una volta un paio di operai sono caduti in una cisterna, uno è morto subito e l'altro con i vapori è impazzito, lo hanno poi portato in un istituto dove è rimasto, incapace di intendere e volere, per decenni, fino alla fine dei suoi giorni.
Subito dopo la zona industriale c'era una vasta discarica intercomunale a cielo aperto di immondizie, con copertoni, plastica e ogni sorta di rifiuti che bruciavano in continuazione.
Sul lato ovest della mia casa invece c'era un paesaggio metropolitano, cominciava con un palazzo di appartamenti dell'edilizia popolare, poi un incrocio con una strada comunale che era diventato il ritrovo della piccola delinquenza della zona, poi negozi, case, la scuola e un viavai continuo di gente indaffarata, operai, agricoltori, impiegati, pescatori, commercianti, delinquenti, assicuratori, prostitute, frati, ritardati mentali e soprattutto casalinghe, infinite casalinghe, una marea di casalinghe di ogni foggia e dimensione. Non esistevano donne che lavoravano o donne single, lì tutte erano casalinghe sposate perennemente indaffarate, forse qualcuna non era sposata ma fingeva di esserlo, perché le rarissime di cui si sapeva non avevano marito venivano guardate male, come delle appestate, avevano qualcosa che non andava, erano considerate in pratica delle merde umane da guardare con compatimento; così come gli uomini non sposati, anche loro erano considerati merde o matti, non a posto con il cervello, comunque dei paria fuori casta.
Nel caotico continuo vociare di questo affollamento umano come degli spot pubblicitari si inserivano, sovrastando le altre, le potenti voci dei venditori ambulanti : "Callegari Amaro, Amaro Callegari" del rappresentate dell'amaro del Cavalier Callegari; "Taio rosso taio romagnolo" del venditore di angurie di qualità romagnola; "Gambari gambari gambari oooooh" del venditore di gamberi che prolungava la frase urlando un oh finale come un tenore per richiamare l'attenzione della gente;  "Maria vola pesce?" di una venditrice di pesce, con una grande bicicletta arrugginita dotata di due enormi portapacchi davanti e dietro pieni di cassettine bianche con dentro il pesce fresco, si fermava davanti alle porte delle case urlando a squarciagola per chiedere alla Maria della casa se voleva del pesce, si chiamavano quasi tutte Maria le donne e pure lei si chiamava Maria, era la "Maria del pesce".
Tra questi multiformi scenari c'ero io, leggevo continuamente libri di favole o avventure e fumetti, spesso mi arrampicavo su qualche albero dove rimanevo anche per ore a leggere o a immaginarmi di essere Tarzan; poi quando scendevo cercavo di costruire delle assurde macchine volanti, che mi facessero volare via, lontano da tutto.
Ma non volavano mai, ancorate a terra, non si sollevavano di un millimetro.
Allora andavo a giocare con i miei amici al nostro parco giochi che era la discarica di rifiuti dopo la zona industriale, avevamo tutti un coltello a scatto e lo tiravamo contro un qualche bersaglio facendo scommesse, o spaccavamo le bottiglie con le pietre, oppure cercavamo tra i rifiuti se c'era qualcosa di interessante, a esempio dei giocattoli rotti che poi aggiustavamo oppure dei fumetti o anche degli oggetti in ferro che raccoglievamo, caricavamo su un carrettino preso al nonno di uno di noi e lo portavamo al ferrivecchi, quindi con i soldi ricavati andavamo in qualche bar a spenderceli tutti in bibite, gelati, jukebox e flipper.



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